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Monoclonale taglia il rischio di infezione da malaria dell'88 per cento

Farmaci Redazione DottNet | 02/11/2022 14:44

Fauci: "I risultati di questo studio suggeriscono che un anticorpo monoclonale può potenzialmente affiancare altre misure per proteggere dalla malaria stagionale i viaggiatori e i gruppi più vulnerabili come i lattanti, i bambini e le donne in gravid

Fauci: "I risultati di questo studio suggeriscono che un anticorpo monoclonale può potenzialmente affiancare altre misure per proteggere dalla malaria stagionale i viaggiatori e i gruppi più vulnerabili come i lattanti, i bambini e le donne in gravidanza"

Una singola infusione di un anticorpo monoclonale sperimentale è in grado di proteggere dalla malaria per circa sei mesi, riducendo il rischio di infezione di quasi il 90%. È il dato che emerge da una sperimentazione condotta in Mali e i cui dati sono stati pubblicato sul New England Journal of Medicine. Il candidato farmaco è stato sperimentato a diversi dosaggi su 330 persone, che sono state monitorate per i sei mesi successivi alla somministrazione del trattamento.

Rispetto a quanti avevano ricevuto il placebo, i pazienti che avevano ricevuto il farmaco al dosaggio più alto (40mg per chilo) avevano un rischio più basso dell'88,2% di aver contratto l'infezione; al dosaggio più basso (10mg per chilo) la riduzione del rischio era del 75%. Gli effetti collaterali osservati sono stati di lieve entità e il più frequente è stato il mal di testa.

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"I risultati di questo studio suggeriscono che un anticorpo monoclonale può potenzialmente affiancare altre misure per proteggere dalla malaria stagionale i viaggiatori e i gruppi più vulnerabili come i lattanti, i bambini e le donne in gravidanza ed aiutare a eliminare la malaria da aree geografiche definite", ha detto Anthony Fauci, direttore dell'americano National Institute of Allergy and Infectious Diseases, ente che ha finanziato la sperimentazione.

La malaria è trasmessa da protozoi parassiti del genere Plasmodium il cui ciclo biologico si svolge in parte nelle zanzare, in parte nell'uomo (o altri vertebrati). L'anticorpo monoclonale oggetto dello studio, denominato CIS43LS, bersaglia una proteina presente sullo sporozoita, che rappresentano la fase del microrganismo nel momento in cui dalla zanzara passa all'uomo. Questa proteina è necessaria per far compiere al parassita le successive fasi del suo ciclo biologico, come l'aggressione al fegato, da cui la malattia ha poi inizio. I ricercatori stanno sviluppano un secondo anticorpo monoclonale con una meccanismo simile ma più potente: ciò gli consente di essere somministrato a dosi inferiore e per via intramuscolare.

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